La nostra (bellissima) lingua

La nostra lingua è bellissima, è complessa e strutturata, articolata e ricchissima. Saperla domare non è facile: abbiamo verbi a non finire, coniugazioni a volte rocambolesche, parole con accenti strani in posti strani. Consonanti che si incastrano, vocali che si esaltano.

È liquida e armoniosa come un ruscello di pianura, è dirompente e imprevedibile come un torrente di montagna. Suffissi, prefissi, declinazioni, preposizioni, aggettivi superlativi, avverbi, parole composte, ecc.

Parole strane e a volte molto divertenti come: astruso, ammaliare, favellare, gaglioffo, granciporro, lapalissiano, luculliano, mentecatto, peripatetico, pleonastico, procrastinare, precipitevolissimevolmente, sciamannato, tracotante, trasecolare e zuzzurullone.

Abbiamo oltre venti dialetti (24 se si considerano anche quelli vicini alle lingue straniere); alcuni sono vere lingue indipendenti che con l’italiano c’entrano davvero poco.

Ecco, cosa voglio dire con questo? Solo che la lingua italiana evolve nel tempo. Cambiano le parole, si modificano, mutano e a volte diventano desuete. Alcune si perdono nel passato, alcune emergono dal futuro.

Alcune sono delle storpiature dell’inglese come:

committato” (che non si può sentire) o “implementare” che molti pensano sia un verbo italiano.

Ma…

Scendi il cane che lo piscionon fa parte di nulla di tutto questo.

Mi spiace.

Non ora, non ancora (an | có | ra).

(Basta studiarla la nostra lingua: abbiamo almeno otto anni a scuola poterlo fare. Un tempo più che sufficiente, direi)

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