Quando la colonia non sapeva che “pesci prendere” (il che può risultare una stranezza o l’esempio che le cose non sono facili per nessuno) il punto di riferimento era lui “Grande Penna”. Io non so perché si chiamasse così, ma le voci che giravano nella colonia parlavano di un difetto congenito ad un’ala: una penna lunga e di dimensioni anomale che da “giovane” gli permetteva di fare evoluzioni fuori norma e assolutamente invidiate da tutto il resto dei maschi.
In vecchiaia la sua saggezza era diventato un bene prezioso per tutti. Anche se spesso, con intervalli regolari, spariva, nessuno sa per dove, nessuno sa perché.
– Be’, non è detto che io sia un vecchio e basta! Ho ancora una vita – ribatteva lui quando arrivavano puntuali le solite domande sul dove fosse andato, con chi e soprattutto perché (nessuno sapeva nulla).
Grande Penna era solito dimorare sopra la casa dei Finazzi. Lui ragioniere in pensione, lei ex insegnante di matematica, piuttosto svampita.
Stava sulla casa dei Finazzi perché con il ragioniere c’era un certo feeling, lui dava a Grande Penna i resti della cena e spesso commentava le notizie della giornata, un riferimento alla politica, uno alla cronaca nera e poi l’inevitabile sequenza di lamentele sulla vita avara di novità, sulla vecchiaia, eccetere eccetera.
Grande Penna apprezzava la cena, commentava con il capo o con qualche urlacchio le parole del vecchio ragioniere e si congedava quasi sempre dall’amico umano con uno scagazzo sulla testa del nano da giardino, con cui in realtà non aveva un ottimo rapporto.
Grande Penna fu il primo a essere informato delle novità. E non la prese bene.
(continua)