Il due di agosto…

Domani è il 2 Agosto e per me è sempre il giorno in cui a Torino chiude la FIAT. Una giornata triste perché i miei amici che avevano i genitori che lavoravano nella grande Fabbrica, partivano per le vacanze al Sud. Ci saremmo rivisti dopo un mese. Un lunghissimo mese. Io rimanevo per un paio di giorni solo, in una Torino deserta, senza negozi aperti (la panetteria più vicina era a tre fermate di 13 da casa, in Piazza Campanella). 

Poi la partenza anche per noi, verso il Veneto, al mare, dai parenti. Con mio padre che dismetteva per un mese vestito e cravatta e adottava bermuda, ciabatte e canottiera d’ordinanza. Poche ore di viaggio con tante soste, un rituale inalienabile (che mi manca tanto) e una Ritmo carica di valige, giocattoli e spensieratezza.

Al ritorno dal Veneto, intorno al 25 agosto, aspettavo con ansia il ritorno degli amici che, alla spicciolata, si facevano più di una decina di ore su auto stracolme di tutto, soprattutto di pomodori per fare la passata.  Generalmente si portavano al nord anche la nonna, o il nonno o entrambi. In una 128 o una Ritmo in sei.

Il 2 settembre era il momento della felicità, dei racconti, della abbronzatura che ormai non c’era più (a dispetto del Bilboa pubblicizzato da un Gerry Scotti, ragazzino).

Comunque, domani chiude la FIAT, e anche se non è così, lasciatemelo pensare.

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50 anni fa 3 (2) uomini conquistarono la Luna

Ricordiamoci oggi di questi tre eroi che 50 anni fa (20 Luglio 1969) portarono le loro chiappe sulla Luna. Ma un pensiero va al comandante Michael Collins (in mezzo nella foto) che a differenza di Aldrin e Armstrong le chiappe in realtà le tenne sul Modulo Comando, mentre i due compagni per 21,5 ore bighellonarono sulla Luna, raccogliendo pietre e saltellando qua e là tra selfie ante litteram e sbornie di gravità lunare. Lui, Michael, lì a un passo, chiuso da solo per 21 ore in orbita dentro a un modulo poco più grosso di 3 frigoriferi moderni. 

Neil, Michael e Buzz (Apollo 11)

Grazie Neil, Buzz e soprattutto Michael per aver conquistato la Luna anche per noi. 

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C’era Bernacca la sera in tivù.

C’era Bernacca la sera in Tivù. Arrivava sornione, un sorrisetto, un buonasera gentile. Accento toscano anche se romano di nascita. Preciso e molto didattico. Di nome faceva Edmondo, classe 1914, “Colonnello” dell’Aeronautica (e poi Generale).Era per tutti il Colonnello Bernacca e, insieme al collega Baroni, quasi un parente per ogni famiglia italiana dotata di tubo catodico.

Bacchetta alla mano e mappa/lavagna sul muro, con tanti simbolini magnetici sopra: il sole, la nuvoletta, la neve, la pioggia, la nebbia. Poi c’erano i simboli del vento e quelli del mare, dell’alta pressione e della bassa pressione. E poco più in là sempre lo stivale, ma pieno di numerini che simboleggiavano le temperature. Da qualche parte usciva sempre il mitico “anticiclone delle Azzorre”, che a me scatenava subito pensieri di pirati, tempeste e chissà quali altre cose avventurose.

“Domani, su tutto il nord nevicherà, sul resto d’Italia, tempo incerto”…

Aggiungeva in chiusura qualche proverbio o qualche frase di buon senso e bon. Basta. Un saluto e via. Immagine del barometro gigante (che era più o meno sempre misteriosamente sul “variabile”).

Avrebbe potuto tranquillamente dire che il giorno dopo il genere umano sarebbe stato vittima di una fatale glaciazione o della Grande Alluvione, ma sempre con un tono mite, sicuro. Sarebbe stato comunque rassicurante.

L’indomani quei simbolini della sera prima si tramutavano in realtà, con lo stupore di noi bambini e la tranquillità (o la bestemmia malcelata) degli adulti.

Calze doppie. Sciarpa, cappello e, se proprio era neve vera, anche gli scarponcini pesanti (nella mitica nevicata dell’85, mia madre mi comprò pure i miei primi moonboot di due taglie più grosse – non si sa mai – e fu un’esperienza senza pari).

Questa non è nostalgia (be’ un po’ sì). È solo il constatare che ormai stiamo esagerando su tutto. Tutto è enfatizzato. Tutto è sballato, teatrale, smaccato, melodrammatico.
Dove si firma per bloccare il “meteo terrorista”? Ce lo ridate un colonnello-nonno con bacchetta e magneti sulla mappa?La facciamo la App Bernacca?

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La nostra (bellissima) lingua

La nostra lingua è bellissima, è complessa e strutturata, articolata e ricchissima. Saperla domare non è facile: abbiamo verbi a non finire, coniugazioni a volte rocambolesche, parole con accenti strani in posti strani. Consonanti che si incastrano, vocali che si esaltano.

È liquida e armoniosa come un ruscello di pianura, è dirompente e imprevedibile come un torrente di montagna. Suffissi, prefissi, declinazioni, preposizioni, aggettivi superlativi, avverbi, parole composte, ecc.

Parole strane e a volte molto divertenti come: astruso, ammaliare, favellare, gaglioffo, granciporro, lapalissiano, luculliano, mentecatto, peripatetico, pleonastico, procrastinare, precipitevolissimevolmente, sciamannato, tracotante, trasecolare e zuzzurullone.

Abbiamo oltre venti dialetti (24 se si considerano anche quelli vicini alle lingue straniere); alcuni sono vere lingue indipendenti che con l’italiano c’entrano davvero poco.

Ecco, cosa voglio dire con questo? Solo che la lingua italiana evolve nel tempo. Cambiano le parole, si modificano, mutano e a volte diventano desuete. Alcune si perdono nel passato, alcune emergono dal futuro.

Alcune sono delle storpiature dell’inglese come:

committato” (che non si può sentire) o “implementare” che molti pensano sia un verbo italiano.

Ma…

Scendi il cane che lo piscionon fa parte di nulla di tutto questo.

Mi spiace.

Non ora, non ancora (an | có | ra).

(Basta studiarla la nostra lingua: abbiamo almeno otto anni a scuola poterlo fare. Un tempo più che sufficiente, direi)

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