C’è il Frecciarossa, c’è il Frecciabianca… Poi ci sono il Merdatreni. Quelli degli anni ’80 in cui l’unico aggiornamento nel nuovo Millennio (a volte) sono le tendine ignifughe (già montate sporche). Nel Frecciarossa ci sono i monitor, le voci che ti dicono le fermate, il wifi (anche se sappiamo come va) ed è tutto più o meno bello. Almeno nuovo. Nei Merdatreni, che sono gli stessi che prendevo nel 1988 per andare ad Alassio in giornata con amici, ci sono i finestrini bloccati, il sedili con i fori di proiettile o mangiati dai pidocchi e i cestini dell’immondizia con dentro le cartine dei bigbabol del 1985. Le gomme abbandonate di quest’ultimi invece sono le stalattiti su cui poggiano i sedili. Sui Merdatreni, che si possono anche pagare modernamente on line, ci sono le carrozze di prima classe identificate da un biglietto di carta con su scritto a penna (manco con il pennarello): 1a classe. Sui Merdatreni per andare in Liguria d’Estate fino a Fossano o Mondovì viaggi in piedi o per terra. Non importa che tu sia uomo, donna, bambino, anziano o in attesa di prole. Sui Merdatreni i cessi ci sono, ma non funzionano e se funzionano è meglio non entrare se non si è fan di Robert Rodriguez.
I Merdatreni sono un’istituzione, viaggiare in piedi un buon metodo per non annoiarsi e la qualità del servizio di Trenitalia un fantastico patto col Diavolo: il tempo che si è fermato e l’anima (de li mortacci loro) venduta all’innominabile in cambio del non-progresso e dell’incuria insolente.
Trenitalia è la metafora più azzeccata per raccontare il nostro bel Paese.
1 commento
E’ esattamente così, purtroppo. E come sempre ci facciamo andar bene il “servizio”… pagandolo anche caro!