La nostra (bellissima) lingua

La nostra lingua è bellissima, è complessa e strutturata, articolata e ricchissima. Saperla domare non è facile: abbiamo verbi a non finire, coniugazioni a volte rocambolesche, parole con accenti strani in posti strani. Consonanti che si incastrano, vocali che si esaltano.

È liquida e armoniosa come un ruscello di pianura, è dirompente e imprevedibile come un torrente di montagna. Suffissi, prefissi, declinazioni, preposizioni, aggettivi superlativi, avverbi, parole composte, ecc.

Parole strane e a volte molto divertenti come: astruso, ammaliare, favellare, gaglioffo, granciporro, lapalissiano, luculliano, mentecatto, peripatetico, pleonastico, procrastinare, precipitevolissimevolmente, sciamannato, tracotante, trasecolare e zuzzurullone.

Abbiamo oltre venti dialetti (24 se si considerano anche quelli vicini alle lingue straniere); alcuni sono vere lingue indipendenti che con l’italiano c’entrano davvero poco.

Ecco, cosa voglio dire con questo? Solo che la lingua italiana evolve nel tempo. Cambiano le parole, si modificano, mutano e a volte diventano desuete. Alcune si perdono nel passato, alcune emergono dal futuro.

Alcune sono delle storpiature dell’inglese come:

committato” (che non si può sentire) o “implementare” che molti pensano sia un verbo italiano.

Ma…

Scendi il cane che lo piscionon fa parte di nulla di tutto questo.

Mi spiace.

Non ora, non ancora (an | có | ra).

(Basta studiarla la nostra lingua: abbiamo almeno otto anni a scuola poterlo fare. Un tempo più che sufficiente, direi)

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Ciao, mi chiamo Nutella…

Sto scrivendo un po’ di slide nuove per il corso e mi imbatto in un fatto curioso.Nomi di brand dati a bambini appena nati. Il caso più emblematico, e vicino a noi, racconta di una coppia di genitori francesi che, nel 2015, decide di chiamare la loro figlia “Nutella”.

È dovuto addirittura intervenire il governo francese per bloccare i golosi genitori d’oltralpe con la motivazione che “non è nel miglior interesse del bambino avere un nome che ricordi un marchio famoso”.Sembra però che dare ai bambini il nome di un brand non sia un fenomeno tanto raro. Nel 2002 “Ikea” è nato nel Regno Unito (è un maschio) e nel 2011 “Facebook” è nato in Egitto (un altro maschietto).In Svezia è però proibito chiamare un bambino IKEA e Metallica, ma non è proibito chiamarlo Google.

In Nuova Zelanda qualche anno fa una giovane coppia si è vista negare un bellissimo nome per i suoi gemellini: Fish e Chips.

Noi nostalgici degli 80 ricordiamo con un po’ di ansia l’arrivo in molte scuole materne di: Suellen, Geiar, Bobby, Maicol, Diego Armando e poi negli anni 90 di Brenda, Brendon, Kelly… Bei tempi. Bei tempi.

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