Mentre fervono i preparativi per il compleanno del piccolo, scappo a fare una commissione: devo trovare un orologiaio in zona per cambiare la batteria del Tissot fermo da un paio di mesi. Con estrema meraviglia mi accorgo che in Crocetta, San Paolo (un pezzo) e Santa Rita (un pezzo, ma molto commerciale) gli orologiai di una volta sono spariti. Chiusi per ferie, falliti o banalmente chiusi il sabato (eh???). I due che trovo (vuoti) mi controllano la retina prima di farmi entrare (con mano alla pistola sotto al bancone) e poi mi comunicano che il cambio batteria è procedura complessa (certo) e che ci vogliono 5 giorni lavorativi. Ribadisco che vorrei il cambio di batteria e non la ricostruzione dell’orologio e loro mi rimbalzano dicendo che il mio è raro e va mandato alla casa madre. Costo operazione indefinito. Augurando a loro le peggio cose, tornando a casa, mi accorgo di una gioielleria piccola e carina in corso Racconigi (quasi angolo via Braccini) dove in 4 minuti una zelante fanciulla procede al cambio per 6 euro + sorriso e gentilezza. Da tutto questo nasce una mia riflessione: è vero che non ci sono più orologiai (anche perché l’orologio di per sé è diventato obsoleto), ma è anche vero che quelli che sopravvivono si adattano alle circostanze, combattono l’arrivo dei Cinesi e di Amazon con stile, simpatia e onestà. Gli altri si fottano. E se non si sono già estinti, spero che la cosa sia veloce e indolore.
(Questo, è sottinteso, vale per tante altre categorie merceologiche)