“Cosa vuol dire Web?”. Questa è la domanda che ho fatto oggi ad uno studente all’esame.
Avevo già scritto il voto sul libretto, lo stavo scrivendo sul registro e ho avuto un attimo di panico…
Non lo sapeva.
Mi consolava solo il fatto che non fosse un frequentante (pochissimi frequentano e questo è già un dramma per la nostra università, ma nessuno se ne rende conto, la frequenza deve essere obbligatoria, per chi non dimostra di avere un lavoro).
Ho alzato gli occhi dal registro e ho rifatto la domanda: “Cosa vuol dire in italiano la parola Web?”… (almeno arriviamoci con l’inglese)
Niente. Sbigottimento nei suoi occhi.
Incredulità nei miei pensieri.
Come fa un ragazzo di 23 anni (credo), che ha letto libri (non solo quelli del mio esame infarciti di web e internet) e seguito lezioni (credo) di Informatica generale, di Editoria Multimediale, ecc. ecc., a non sapere cosa vuol dire “Web”?
Ma il fenomeno purtroppo non è circoscritto.
L’anno scorso non riuscivo a spiegare cosa è una rete wireless. Dopo che ci sono riuscito, non riuscivo a mettere in testa agli studenti che anche la rete cellulare è una rete wireless. Sembra una barzelletta, ma è vero. Tant’è che all’appello generalmente chiedo sempre qual è la rete wireless più diffusa sul pianeta. E la risposta non è mai scontata.
Usano un cellulare ogni cinque minuti eppure… Quel coso che hanno in mano non è un oggetto “informatico” che riceve dati in kbytes con un determinato protocollo e dentro una particolare radiofrequenza. Quel coso è il compito che svolge, nient’altro. Affascinante, abbiamo raggiunto livelli inimmaginabili di ubiquitous computing o siamo dentro un buco nero di ignoranza e mancanza di curiosità?
Questi pomeriggi mi fan venire in mente sempre due cose:
1) che insegno male e perdo il mio tempo.
2) che parliamo (anche nei nostri blog) di cose che nella vita reale non servono a nulla (con linguaggi che pochi capiscono e che spesso sono super geek e autoreferenziali).
In ogni caso mi rimane l’amaro in bocca e la voglia disperata di spararmi un pacchetto di marlboro rosse.
23 commenti
Per curiosità… cosa insegni esattamente?
Sulla frequenza: hai assolutamente ragione. Ho fatto la triennale frequentando sempre, mi ha dato moltissimo.
Ora la specialistica la sto affrontando cercando anche di lavorare, che l’età è quella che è. Ma me ne accorgo, qualcosa si perde. Anche se alcuni professori non sono esattamente aggiornati…
Più che altro sai cosa? Magari è un rant da trentunenne, non lo so. Ma mi sembra che moltissimi ragazzi siano quasi completamente privi di curiosità per il mondo. Non gliene frega nulla di capire davvero come funzionano certe cose. Sono lì solo parcheggiati in attesa del pezzo di carta. Oddio, suona qualunquista messa così. Ma ti garantisco che nel triennio la stragrande maggioranza degli studenti purtroppo era su quella linea. E alcuni si sono anche laureati con una buona votazione!
Sulla tua seconda considerazione… eh. Hai anche ragione. Ma diamine, devo perdere il piacere di scrivere i miei ragionamenti e di discuterne con altre persone (e che grazie alla rete raggiungo anche se stanno a mille chilometri) solo perché c’è chi non ha la minima curiosità del mondo?
A un certo punto… boh, è un problema loro. Sono geek? Forse. Io so solo che mi piace riflettere su come funzionano le cose che mi piace usare, e su come mi cambiano e ci cambiano.
Si potrebbe però riflettere meglio su questo punto, e discuterne.
Più che altro è inquietante che a Scienze della Comunicazione ci sia un corso obbligatorio d’inglese e la gente non sappia che Web significa ragnatela.
Ma non so se è colpa dell’allievo o di chi gli ha insegnato l’inglese
beh, io non insegno nulla, e non mi occupo nemmeno di web per lavoro, ma c’è gente che mi dice che scrivo post troppo tecnici sul mio blog. E non ne capiscono nulla, nonostante anche loro tengano blog…
Almeno lo studente può accampare la scusa della caduta della tensione dopo-esame… 😛
capiscoti fin troppo bene, acc.
@Federico. Insegno Informatica e Nuovi Media.
Si, è vero, sembra che manchi la curiosità.
Ehi Doc! il problema non è tuo. Io sono stato dall’altra parte della barricata, quindi sarò schietto e sincero come sempre.
Ti garantisco che insegni benissimo.
Quando ho seguito il tuo corso mi sono appassionato alla materia (in realtà un po’ già lo ero), per la voglia, la grinta e la passione che ci mettevi nell’insegnarla.
Ti ripeto, la colpa non è tua, ma della mancanza di curiosità e/o interesse da parte di chi viene a seguirti.
Sono convinto che non si debba dare la colpa a te, all’insegnate di inglese o al magnifico rettore. La colpa è dei ragazzi. Non tutti hanno l’interesse o la passione che hai tu (ed io e molti dei tuoi lettori/amici) per queste cose. Per molti il tuo esame (come tutti gli altri) è semplicemente uno dei tanti esami da superare. Molti non seguono per passione, ma perchè gli conviene fare quel corso.
E’ brutto a dirsi, ma è così.
Quando sono venuto a torino sapevo benissimo cosa volevo fare, così come alle medie sapevo cosa volevo fare alle superiori.
Una cosa mi ha sconvolto. Quando ho fatto il test d’ingresso per entrare a Scidecom in fila davanti a me c’erano dei ragazzi che, parlando tra di loro, stavano facendo intendere che quello era il 4° o 5° test che provavano in una settimana. Non importava in quale facoltà entravano, ma importava evitare di andare a lavorare. Assurdo? No, per niente. Questa è la realtà.
Questa scena mi sembra abbastanza esemplificatrice. C’è molta gente così, e poi, al terzo anno questa gente frequenterà corsi come il tuo senza nemmeno sapere quali sono gli argomenti che tratteranno.
Una volta un ragazzo mi ha detto che avrebbe seguito il tuo corso perchè si guardavano i siti internet: Gli ho fatto arrivare uno scappellotto dietro il “cuzzetto”.
Va bè, ci sarebbe da fare un lungo discorso, ma quello che mi preme farti capire è il succo di questo discorso: vedi di smetterla, tirati su e continua a fare il tuo lavoro perchè lo fai benissimo.
Te lo dice un tuo ex-studente.
Ecco, mi sembra che Giovanni, qui sopra, abbia riassunto il mio pensiero. A Scienze della Com a Genova era esattamente così.
Non parliamo poi della farsa del test, che io avevvo preparato per un mese, e durante il quale TUTTI copiavano.
Ho almeno avuto la soddisfazione di arrivare settimo in graduatoria senza l’aiuto di nessuno…
Comunque se vuoi vengo a seguire il tuo corso, magari me lo passano per la specialistica 😀
Questo secondo il mio modesto parere indica più che altro che ci muoviamo (specie i più giovani) nel mondo tecnologico INCONSAPEVOLI.
Sai cosa, forse dieci anni fa bisognava spiegare le cose perchè erano ignote, ormai invece bisogna spiegarle perchè sono SCONTATE, non suscitano più domande.
Web, Net, Blog non hanno più un “pre-significato”, un po’ come noi spesso non conosciamo la filologia latina o greca di tante parole che usiamo.
Questo non assolve lo studente, ovviamente.
William, mi sa che la penso come te…
suzuki 🙂
SPIDERWEB è ragnatela, quindi web significa un’altra cosa. Anche io ho fatto non poca fatica a ragionare, perchè ormai “web” significa web e basta, ha ragione William.
Axell, quanto al punto 2 lo professo da sempre, anche se poi per forza di cose ci cado dentro anche io, ci cadiamo dentro tutti. d’altronde i meccanici tra di loro parlano di motori, ma non per questo noi che di motori magari non ci capiamo niente di motori rinunciamo all’uso dell’auto.
Il compito è parlarne a più livelli, con tutti, e ad ognuno col giusto registro.
web vuol dire rete, ma anche ragnatela…
Condivido con Andrea l’onere delle interrogazioni di Teoria e Tecniche dei Nuovi Media. Capita anche a me.
mmm beh non sapere che vuol dire Web per un ragazzo di 23 anni che ha appena frequentato un corso di Informatica e Nuovi Media è sicuramente più che grave.
Il problema a mio modo di vedere è che l’università e più in generale il mondo dell’istruzione in Italia è ancora molto, troppo tradizionalista e quindi si è abituati a ragionare a compartimenti stagni. Ci vuole molta più interdisciplinarietà e siamo sulla strada giusta ma c’è ancora parecchio da fare.
Forse tutto questo è dovuto al fatto che nel nostro sistema scolastico/educativo c’è molta teoria e poca pratica: questo ti porta ad imparare bene i concetti ma avere un senso della realtà ovattato e leggermente e ad avere una flessibilità mentale pari a zero nella stragrande maggioranza dei casi.
Purtroppo i primi contatti col mondo del lavoro ti fanno drammaticamente rendere conto di questo, e col tempo ti danno quell’elasticità che ti permette di far tesoro di tutti quei concetti molto spesso apparentemente senza senso studiati a scuola.
Se tutto ciò si capisse e si incominciasse a fare un pò prima forse lo studio sarebbe meno pesante, le cose rimarrebbero più impresse nella mente perchè si riuscirebbe a capirne il significato nel contesto generale di tutto ciò che le circonda.
Forse quel ragazzo ha avuto pochi insegnanti che come te gli hanno messo dei dubbi e lo hanno stimolato a cercare una risposta che magari sapeva già ma andava solo ricomposta mettendo insieme vari concetti sparsi e scollegati l’uno d’altro.
P.S. forse alla linea 16 c’è un errore che se il tuo studente lo vedesse ti tirerebbe le orecchie…
Correggi va…
Mi fa piacere che un po’ di bloggers si stiano rendendo conto – me compreso – che nei posts spesso e volentieri si scrive di cose che fuori sono sconosciute alla stragrande maggioranza delle persone.
Come dice Federico, il problema è anche e soprattutto loro (di quelli che non hanno la curiosità di capire cosa succede in quelle scatole fatte di fili e componenti) ma è anche nostro nel momento in cui riflettiamo sul nostro ruolo di comunicatori. Sembra come se molti di noi non sentano pronto il mondo extra web a recepire informazioni su internet e i cosidetti nuovi media.
Aggiungo qualcosa dalla mia piccola esperienza. Nell’ottobre 2005 ho aperto il mio blog con un intento (ora trasmutato in un progetto diverso). L’intento era di ‘imprigionare le parole che volano per strada’, i discorsi della gente, come se le parole fossero farfalle, nella rete. L’intento di una moderna Vispa Teresa, dicevo in uno dei primi post.
Il giorno dopo, qualcuno dei miei amici mi ha chiamato per chiedermi che c’entrava la Vispa Teresa. Eppure ‘rete’ si dice comunemente e ‘rete’ è italiano. Vogliamo sperare che sfuggisse soltanto che la Vispa Teresa aveva in mano una rete per farfalle?
nell’altra aveva del crack, troppo vispa Teresa… 🙂
Mi associo (come tuo ex studente frequentante) alle parole di Giovanni..
Credo che tu sia uno dei pochi che abbia saputo trasmettere la passione per quello che fai..il tuo corso è stato più che apprezzato e preso come spunto per ricerche personali..
Beh non sapere il significato di Web è grave ma ricordo che anni fa un amico girava in chat pubblicizzando il suo sito ad altri utenti, cosa non furba ok 🙂 ma la cosa grave è un altra e cioè il fatto che molti non sapessero cosa fosse internet perchè “usavano solo la chat”..
Un giorno, era il 1995, ci siamo trovati a casa di un amico con un modem 14.4k… e abbiamo iniziato la ricerca in rete usando un motore di ricerca che ormai non c’è più… e un glorioso browser Netscape.
I siti web erano pochi, pochissimi. Siamo stati per delle ore a leggere in “rete”, su quel “www” che era appena nato una miriade di informazioni (e ci sembravano già tantissime)… Un po’ come i ragazzi dei primi del 900 che stavano ore appiccicati ad una radio… (lacrimuccia).
axell, il tuo ultimo commento mi fa scappare la lacrimuccia…. in ogni caso sottoscrivo il commento di Luachan: mi rendo conto fin troppo spesso che amici e conoscenti anche molto “informatizzati” non sanno e non vogliono sapere quello che a volte cerco di comunicargli sulle mille sfaccettature del web. Il web è mail, google per cercare quello che ti serve (la solita metafora della biblioteca) e nei casi migliori il Mulo. Tutto il resto è geek, posso assicurare 😀
Pensa solo che nonostante siano passati quasi 10 anni dalla bolla, da noi ci sono ancora dirigenti che la menano con frasi tipo “dobbiamo risultare primi nei motori di ricerca”…! 😀
Eh eh.. Interrogherò i miei amici sulla parola ‘crack’.
😉
Ma poi il voto almeno glielo hai revocato ?
ciao
Sul testo previsto per il mio esame è citata la parola serendipity. Le domande di verifica a fine esame, (voto già segnato sul libretto per vincere la tentazione di cacciarli via) è se hanno notato il termine (risposta: sì 99,9 %), se sanno da dove viene il termine (risposta: no 100%), se non hanno sentito il bisogno di informarsi (risposta: ma prof., che domande fa? proprio adesso che mi aveva già dato il voto?. Sono studenti specilizzandi in comunicazione…
Non ho il rimedio…qualcuno ce l’ha?