Another Visitor… Stay Well Stay Forever!

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La “comfort zone” è il perimetro di sicurezza che ci creiamo nella nostra vita. È, come dice il termine, il luogo “comodo” dove stare, dove sentirsi al sicuro. Ci sguazziamo, in esso ci adagiamo, ci lasciamo cullare dal conosciuto e da tutto quello che ci è più comune. Non ci muoviamo, ci guardiamo bene dal farlo (anche quando diciamo l’esatto contrario).

Questo vale per la vita personale, come per quella professionale. A volte è anche un limite che ci imponiamo dal punto di vista amicale: “io ho degli amici fidati, gli amici di una vita”, e poi ci accorgiamo che, al di là della “comfort zone” un amico vero lo puoi trovare per caso, in luoghi e situazioni improbabili.

Negli ultimi anni ho capito anche che la “comfort zone” è un problema anche in ambito aziendale. Molte imprese la praticano, molte hanno la loro “zona comoda” in cui sentirsi al sicuro, anche quando, in mezzo a una crisi che non accenna a scemare, ci si trova in difficoltà. La crisi spesso è anche “di talento”, di “intuito”… di “creatività”. Sei in pole position? Bene, che fai? Tiri il freno a mano? Non dai un colpo di acceleratore? “No. Non lo faccio, tiro il freno a mano, mi sento più sicuro, abbiamo sempre fatto così, ci è (quasi) sempre andata bene”. Uhm… Davvero?

Ho visto questa mancanza di coraggio e di intuito in molte imprese che ho incontrato e anche in molte agenzie di comunicazione che conosco. La “comfort zone” in questo caso non è solo pericolosa, ma è anche letale. Sì, perché nel mondo della comunicazione (che ormai coincide quasi completamente con il mondo del “digitale”) la mancanza di coraggio è un limite molto forte, qualcosa che snatura e rende la tua attività troppo statica per essere considerata competitiva.

Le scuse per non uscire dalla comfort zone sono le più disparate, spesso sono al limite con l’idiozia. Ma sembra che chi le pronuncia quasi non se ne renda conto. O è molto convinto di quello che dice o non ha coraggio e spera che il mondo continui a girare nel verso giusto e se non lo fa “non è colpa nostra” e magicamente le cause sono sempre “esterne”.

“Progetto ambizioso, ma perché gli altri non non lo hanno mai fatto?”
“Si potrebbe fare, ma il budget è basso, il rischio alto e forse guadagneremo poco”
“Nessuno ha mai licenziato un direttore marketing perché troppo conservatore”

Uhm…

La comfort zone è un limite mentale, altre volte semplicemente è legata alle (limitate) capacità imprenditoriali.
La cosa buffa è che nessuno o quasi vuole ammettere che i veri successi (quelli che ricordiamo, che raccontiamo, che citiamo) sono tutti nati al di fuori della famigerata zona comoda. Sono magie, frutto di coraggio, di ingegno, di tempi azzeccati, di persone un po’ fuori di testa o in altri casi di persone assolutamente “quadrate” e super competenti.

Che fare? Be’ un bel passo e ricordarsi che esiste una comfort zone e che le magie dentro al suo cerchio non accadono quasi mai (se non quelle che uno si inventa per auto-illusione).

Il resto è in mano a chi osa.
A chi crede nelle magie e si sporca le mani per inventarne sempre di nuove.

“Pensa, credi, sogna e osa” diceva quel genio di Walt Disney, che in fondo ha creato un mondo fantastico partendo da un topo (disegnato pure male).

(E chi conosce la citazione da cui deriva il titolo del post vince una bottiglia di quello buono)

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