Frequento il Salone da anni, forse da quando esiste. In diverse vesti, prima da scolaro, poi da studente universitario, poi ancora da standista e quindi come “espositore”. Non vi nascondo la mia passione per i libri anche se poi paradossalmente ne leggo pochi. Ultimamente per limiti di tempo e per “dovere/piacere” solo quelli di Codice. Senza mai perdere però un Camilleri o una Oggero.
Il Salone è caos allo stato puro. E un fiume di gente di tutti i tipi che si riversa negli stand, che legge alla veloce le prime pagine dei libri, che cerca i vip, che si danna alla ricerca di un panino abbordabile.
E’ sempre la stessa storia, lo ingrandiscono, lo riducono, lo spostano un po’ di qua e un po’ di là. E’ un evento – simbolo, quasi un pezzo di città e devo essere sincero mi entusiasma vedere tanta gente (ma tanta tanta) in cerca di un libro in un posto che di rilassante non ha quasi nulla.
Da due anni si parla tanto di ebook, di scomparsa della carta, di evoluzione dell’editoria. Ogni anno si dice che c’è la crisi, che la gente legge sempre meno. Eppure a guardare tutta quella folla e tutti quei libri (sono milioni, e alcuni sono incredibili – nel senso che non ti spieghi come mai li abbiano stampati) ti sembra di essere un po’ a casa.
Poi ci sono i Vip di sempre. I Gambarotta. Le Littizetto. Gli Umberto Eco. Qualche musicista, qualche decina di politici, uno o due calciatori e tanti giornalisti della TV e della carta stampata. Incontri gente che dovresti salutare, ma non ti ricordi bene perché. Incontri tanti blogger un po’ confusi (oggi c’era un raduno informale di blogger ante litteram, quelli che resistono nonostante faccialibro). Qualcuno ha scritto un libro altri partecipano a incontri che sembrano presi da scene di una fiction TV, con il twitter di ordinanza mandato a comando.
Poi ci sono le case editrici grandi, quelle medie e quelle piccole. La crisi la sentono tutti, ma tutti ci sono sempre. Ci sono anche quelli improbabili, quelli che non ti spieghi come facciano a campare e quelli che con i libri non c’entrano nulla (o quasi).
C’è sempre la mia mitica casa editrice dei Templari, che sforna ogni anno decine di libri sui… Templari. Ci sono le case editrici che pubblicano libri di cucina tibetana, quelle che pubblicano manuali astrusi e illeggibili, quelle che pubblicano cose che è difficile categorizzare.
Poi c’è la gente. Scrittori in cerca di gloria, quasi-scrittori in cerca d’editore. Protagonisti d’operetta che cercano le telecamere. Qualche pazzo. E soprattutto tanta gente che cammina, cammina, cammina e alla fine si arrende, e con i piedi gonfi come zampogne e borse di carta piene di cataloghi che non leggeranno mai, si dirige esausta verso casa.
La novità di quest’anno è la metro che finalmente collega anche il Lingotto con Porta Nuova. Sergio Chiamparino è già nel mio personale elenco dei Beati e dei Santi Subito.
Speriamo che il suo successore sia all’altezza dei suoi illustri predecessori. Che un merito sicuramente ce l’hanno: non aver mai consentito a Torino di perdere il suo Salone.
Senza il Salone del Libro Torino sarebbe come una bella regina senza corona.
Viva il Salone. Viva il libro. Viva i personaggi da operetta.

1 commento
Test (scusami)