– Si lo so, ok, è uno famoso, ma sta vomitando!
– Vagli a dare una mano, ora sta male anche il figlio, hanno cenato mangiando qualcosa che gli ha fatto male.
– Cosa devo fare? Devo mettergli la mano sulla fronte? Ma ti pare?
– Vagli a dire che se vuoi sospendiamo la serata.
– Io? Io devo dirgli questo? Con tutta quella gente che c’è lì fuori? E il palco, e i vigili che da stamane bloccano largo Europa?
– Si.
Entro nel bagno della pensione Italia, lui è lì. Appoggiato al muro, camicia bianca sbottonata e giacca di lino scura. La sua faccia è uno straccio. Di fianco il figlio. Uno straccio pure lui.
– Signor J. se non si sente bene, se vuole rimandiamo. O annulliamo. O ritardiamo, mi dica lei.
Lui mi guarda, accende una sigaretta. Mi sorride. Ho davanti un mito della musica e del cabaret italiano, io sono in pantaloncini e maglietta gialla. Mi vergogno un po’.
Il figlio P. mi guarda, poi guarda il padre e poi alza la testa sorridendo.
– Un incidente di percorso, non ti preoccupare. C’è gente?
– Si c’è gente, molta.
– E allora non facciamo aspettare la gente. Un pessimo fritto misto non può fermare la musica e questa gente è venuta per ascoltare buona musica. Al massimo metti un cestino dell’immondizia di fianco al pianoforte, non si sa mai.
Li guardo. Padre e figlio. Sono identici. Hanno una faccia sconvolta, ma il palco li attrae come una calamita, forse la miglior medicina per loro.
Escono e salgono sul palco.
E la serata inizia.