Il partito dei compromessi falliti

Il popolo se ne vaForse è così. Forse non si fonda un partito sui compromessi.
Forse non si fonda solo sugli equilibri interni.
Forse quando, qualche anno fa, siamo usciti dal Lingotto con le lacrime per la nascita del Partito Democratico, dopo anni e anni di travaglio sapevamo già – in cuor nostro – che non poteva funzionare.

Tanta brava gente, tanti bei valori, tanta storia ma troppi compromessi.
Troppe storie diverse e difficili da amalgamare sotto un unico stemma, con un modo di fare politica che già allora scricchiolava parecchio. Come giocare una partita di calcio con 4 portieri e 7 difensori. Anche vecchiotti.

Pessima comunicazione, pessima gestione dei “piani alti” e visione poco chiara delle cose contrapposta a una base di elettori e iscritti che non ha mai digerito le scelte dei vertici, considerate sempre troppo poco coraggiose a fronte di un impegno “territoriale” concreto, pulito e rispettato dalla gente.

Ora il PD è diventato quella scatola vuota che tutti temevamo.
Bersani è una brava persona sicuramente, ma non è un leader, non è il fine stratega che serve a traghettare una forza politica così “pesante” sul fronte del “progressismo” più concreto.

Popolari e Diessini uniti hanno formato un grande Partito Conservatore. Pieno di anziani, pieno di idee dello scorso secolo. Lento e immobile.
Fa un po’ ridere, ma è proprio così.

Detto questo. Io rimango di sinistra. E se qualcuno mi dice che sinistra, destra e centro sono la stessa cosa gli tolgo il saluto.

Incrociamo le dita. Sono del Toro e di Sinistra, sono pronto a tutto.

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